top of page
Cerca

"Ciao"

Aggiornamento: 23 mar 2020

Chi va in montagna questo la sa bene: in montagna ci si saluta, sempre.

Anche se non ti conosco e tu non mi conosci, ci si saluta. Anche se hai una faccia che non mi piace o io magari non ti vado proprio a genio...ci si saluta. Nella mia esperienza montanara, non mi è mai capitato che qualcuno rinunciasse a questo. Alla possibilità di riconoscersi in quell'ambiente.

Ci ho pensato spesso.

Capita che a volte, sui sentieri, venga più spontaneo salutarsi, forse perchè a pelle una determinata persona risuona di più; altre volte è più faticoso. Ma alla fine quando ci si avvicina, sempre di più e si arriva a guardarsi negli occhi, accade qualcosa. E la forza di quel "Ciao", o "Salve" è un magnete, qualcosa di potentissimo.


Eppure, se la stessa consuetudine la spostassimo in una grande città, avrebbe sicuramente un sapore assai diverso; suonerebbe strano. E la persona che saluta etichettata come folle, pazzerella, strana. Potrebbero anche arrivare pensieri del tipo "Ma chi lo conosce", "E ora che vuole questa/o"...e forse, contemporaneamente, sentire all'altezza del cuore una sensazione di piacere e apertura. Almeno a me in passato è capitato proprio così.

E la conciliazione dei due aspetti una bell'affare.


E allora che accade in montagna di così speciale e diverso da abbattere in un solo istante tutto il nostro sistema di difese, paure e pregiudizi sull'Altro?


A mio parere accade che lì, in montagna, ci si senta immediatamente parte di una stessa esperienza: un panorama di vita dove chi vi accede sa che 1) deve faticare se vuole raggiungere un obiettivo, la vetta 2) deve faticare se vuole godere della bellezza che ha intorno 3) che nulla in montagna è scontato e che se desideri qualcosa, ( un panorama, gli asparagi, i funghi, la stima di te stesso per avercela fatta, il piacere di stare insieme, riempirsi gli occhi e l'anima di bellezza e chi sa quanto altro ancora) te lo devi andare a prendere, 4) che quell'ambiente può porgere doni straordinari ma esige un profondissimo rispetto, e a volte la necessità da parte dell'ospite, di rinunciare ai suoi impeti egoistici e narcisisti.


E quando incontro un passante sul mio percorso, ecco, forse accade questo: io so e lui sa che entrambe "siamo parte": parte di quella esperienza con quelle regole e quei doni; che entrambe abbiamo a che fare con quella fatica e perciò la rispettiamo; sappiamo bene quanto costa, quanto vale.


E allora in quel "Ciao", c'è molto di più di un saluto formale, anzi di formale non ha proprio nulla. Dentro c'è:

"Ti vedo, vedo la tua faccia stanca per la salita, vedo i tuoi occhi pieni di bellezza e lucidi di emozione e rispetto tutto ciò perchè so che, in parte, sarà anche il mio destino",


"Ti vedo, vedo la fatica che dovrai affrontare per salire, vedo il tuo entusiasmo e la freschezza delle tue energie, vedo il desiderio di scoprire e rispetto tutto questo perchè, in parte, alberga anche nel mio animo".


Intimità all'improvviso.


Perchè sto riflettendo su questo?

Perchè questa mattina mentre camminavo per fare un pò di spesa, in me saliva quello stesso bisogno di dire "ciao" a quelle poche anime incontrate sulla strada; un bisogno vitale di stabilire un contatto, in questo momento in cui ci viene negato. Ripensavo a tutti i "ciao" gridati dalle finestre durante i vari flashmob, o agli applausi dai balconi, o ai saluti dati a perfetti sconosciuti solo per nutrire quel bisogno enorme e vitale: l'Appartenenza.


Questa situazione così strana, una pandemia, ci ha precipitato proprio lì. Ha creato le condizioni perchè tornassimo a sentire di appartenere.

Ma l'appartenenza che sentiamo ora non è come quella che sperimenta la famiglia dei montanari o degli sciatori o dei serfisti, no.

E' l'appartenenza ad una famiglia più grande, quella del genere umano.


Per troppo tempo forse l'abbiamo data per scontata, teorizzata, appena percepita, ridicolizzata, sminuita, giudicata.


Ora lo stiamo sentendo. Ora non sembra più un concetto, un assodato, una teoria, un cappello che posso indossare solo nelle grandi occasioni. Ora lo sentiamo nella carne, nelle emozioni, nella mente. Ne sentiamo le mille sfaccettature e contraddizioni, a volte difficilissime da conciliare.

Ora tutti abbiamo paura, proviamo tenerezza e compassione, sentiamo la rabbia e la frustrazione. Ora sentiamo, tutto, TUTTI.


E allora sarebbe davvero una conquista se, una volta passato questo momento, fossimo in grado di mantenere sveglio e presente questo sentimento di Appartenenza. Ogni giorno.


Ci sentiremmo tutti, incredibilmente, meno soli.


Ora sappiamo, perché lo abbiamo sentito nella carne, che non è scontato Esserci; che richiede fatica e impegno, rispetto e fiducia, responsabilità.

Sappiamo, perché lo abbiamo sentito nella carne, che questa fatica sarà ripagata con qualcosa che non ha prezzo: quella meravigliosa sensazione che nasce nel petto e che irradia in tutto il corpo raggiungendo gli occhi in un sorriso, le braccia in un abbraccio e la bocca in un "Ciao".


Potrò dire finalmente "ciao" anche al passante che non conosco, ogni giorno; anche se non sono in montagna; poterci sussurrare tra le righe "ti vedo" e sentire, entrambi, di Appartenere alla famiglia Umana.


Claudia Torani



0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Kommentare


bottom of page